FIBRE OTTICHE: CONTROLLO ANGOLO D’USCITA (brevetto)

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Convegno AIDI  Perugia 4 – 6 dicembre 2001

Sessione: “ I SISTEMI DI ILLUMINAZIONE: REQUISITI E PRESTAZIONI”

SVILUPPO DEI SISTEMI D’ILLUMINAZIONE CON LE FIBRE OTTICHE

Antonio Morici

Riassunto dei contenuti

In generale, nella realizzazione di qualsiasi impianto d’illuminazione, il diagramma di emissione dei corpi illuminanti impiegati è un dato fondamentale del progetto. Il mercato offre perciò un’ampia scelta di apparecchi caratterizzati da curve fotometriche adeguate alle varie necessità tecniche incontrate dal progettista. 

Negli impianti di illuminazione a fibre ottiche, al momento presente, il flusso luminoso viene invece utilizzato così come esce dal cavo. Accade però che l’ampiezza e l’intensità luminosa emessa dal cavo ottico quasi mai corrisponde alla necessità. 

L’articolo descrive la possibilità di realizzare, in modo molto semplice, dei miniproiettori che, interfacciati con l’uscita dei cavi a fibre ottiche, sono in grado di offrire una vasta gamma di  ampiezze del flusso e dell’intensità luminosa. In tal modo è possibile soddisfare le più diverse esigenze che si riscontrano nelle situazioni applicative di questa particolare tecnologia illuminante.

 

 

  1. 1. Introduzione

 

 

Le fibre ottiche per usi illuminotecnici sono comparse sul mercato negli anni ‘80. Tali fibre realizzate in vetro o in PMMA sono diverse da quelle destinate alle telecomunicazioni; sono infatti ottimizzate per lo spettro visibile e chiamate anche “guide di luce”. Negli anni ’90 erano già state utilizzate in significative applicazioni. A tale proposito possono essere ricordate alcune prime e “storiche” immagini pubblicate nel mensile “LUCE”, riguardanti l’illuminazione con fibre ottiche di oggetti artistici conservati al museo egizio di Torino. Sin dai primi tentativi di concreto impiego fu chiaro che le guide di luce potevano offrire vantaggi significativi rispetto ai sistemi d’illuminazione tradizionali solamente in un limitato numero d’applicazioni.

 

Infatti, per trasportare flussi luminosi rilevanti con le fibre ottiche occorrono cavi di grande sezione che risultano ingombranti e costosi. Ulteriori difficoltà sono causate dalla scatola contenente l’alimentazione elettrica e la lampada. Questo componente d’impianto, deve essere esteticamente accettabile e deve essere collocato in un adeguato spazio ventilato nelle vicinanze dei luoghi da illuminare. 

Per tali ragioni, l’idea di realizzare potenti impianti d’illuminazione con sorgente luminosa centralizzata e distribuzione della luce attraverso sottilissimi fili di fibre ottiche, è, per quanto affascinante, ancora non attuabile. 

Si deve però subito osservare che gli impedimenti al raggiungimento di quest’obiettivo non sono imputabili alle guide di luce perché tali componenti sono già oggi caratterizzati da valori dell’attenuazione ridottissimi e da prestazioni prossime ai massimi valori teorici possibili. Le fibre ottiche multimodali possono infatti supportare alti flussi di radiazioni elettromagnetiche con sezioni ridotte e trasmetterli a grandi distanze. Il limite dipende esclusivamente dalla rigidità dielettrica del materiale costituente.

L’utilizzazione estesa delle fibre ottiche nel campo dell’illuminazione è invece impedita da aspetti tecnici di natura pratica.

In particolare ricordiamo i seguenti:

 

-                     La difficoltà di indirizzare elevati flussi luminosi all’ingresso della fibra

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-                     La mancanza di un’idonea tecnica capace di modificare, secondo le esigenze, il diagramma di flusso luminoso del fascio di luce uscente dal cavo ottico.

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Le limitazioni legate al primo punto vanno riducendosi con la comparsa sul mercato di lampade espressamente studiate per le fibre ottiche. Questa via della ricerca tecnologica conduce alla riduzione della sezione dei cavi. 

Gli aspetti collegati al secondo punto non hanno invece segnato alcun progresso. 

Nel presente articolo perciò voglio approfondire quest’ultimo problema che ritengo sia stato fino ad oggi sottovalutato. 

A tale scopo occorre premettere alcune considerazioni. 

Consideriamo una fibra ottica di diametro 250 micron, realizzata con PMMA, ed immaginiamo di illuminarne un’estremità con una generica sorgente luminosa; l’altra estremità emetterà un cono luminoso avente un angolo d’apertura piana, pari a circa 66°. Oltre quest’angolo, legato all’apertura numerica della fibra, non è possibile andare. L’immagine della luce emessa dalla fibra, raccolta su di uno schermo è rappresentata da una superficie circolare, all’interno della quale l’intensità luminosa varia, in simmetria radiale, lungo il raggio. Tale superficie può degenerare in una corona circolare luminosa in funzione della percentuale dei raggi sghembi emessi dalla sorgente e catturati dall’altro capo della fibra. 

Immaginiamo ora un cavo ottico composto da un insieme di fibre serrate a cerchio fra loro ed illuminiamone un’estremità. Sull’altra estremità le fibre, che sono tutte uguali, emettono ciascuna secondo l’angolo solido d’ampiezza caratteristica e costituiscono tutte insieme una sorgente luminosa circolare. Siamo perciò in presenza di una sorgente luminosa estesa, a bassa intensità distribuita, assimilabile ad una piccola porzione di cielo coperto. Immaginiamo di voler manipolare i raggi luminosi emessi dall’uscita del cavo ora detto, in modo da renderli più convergenti. L’operazione in termini rigorosi è improponibile a causa delle caratteristiche della sorgente. 

Se decidiamo di farlo con un metodo approssimato potremmo realizzare un proiettore di materiale riflettente, di profilo appropriato, ed alloggiare la sorgente in posizione il più possibile coincidente con il fuoco. 

Essendo la sorgente luminosa di dimensioni estese ed irradiante in un ampio campo di direzioni, il proiettore dovrà essere molto grande in modo che al confronto la sorgente possa considerarsi praticamente puntiforme. In pratica per un piccolo cavo ottico di 4 mm di diametro sarebbe necessario un proiettore di dimensioni maggiori di quelli di tipo dicroico incorporati nelle comuni lampade alogene; in tal modo però andrebbe perduta una grande peculiarità delle fibre ottiche, quella di costituire sorgenti illuminanti miniaturizzate. Lo stesso discorso vale se si utilizzassero lenti anziché proiettori.

 

2 Una diversa soluzione

 

 

 

Vogliamo ora segnalare un modo più accettabile per controllare, almeno entro certi limiti, i raggi luminosi uscenti da un cavo ottico.

Immaginiamo un diottro di forma troncoconica come disegnato in assonometria nella figura 1.

 

Tale diottro sia realizzato con PMMA, materiale trasparente avente indice di rifrazione pari ad 1,49, identico a quello del “core” delle fibre ottiche più comuni.

 

Un tale corpo tronco conico è delimitato dalle tre seguenti superfici

 

-                     Una superficie circolare di piccolo diametro

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-                     Una superficie circolare di grande diametro

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-                     Una superficie laterale conica.

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Si può facilmente riconoscere che un simile corpo gode di alcune proprietà paragonabili a quelle della lente convergente in cui al fuoco della lente si sostituisca la superficie focale del corpo rappresentata dalla superficie circolare di diametro minore. 

Se posizioniamo la lampada accesa davanti al cerchio di diametro maggiore, come in figura 2A, i raggi entranti nel diottro usciranno divergenti dal cerchio di diametro minore. 

Al contrario, se posizioniamo la lampada davanti al cerchio di diametro minore, come in figura 2B, i raggi usciranno dalla parte del diametro maggiore con direzione parassiale. Quindi, si verifica esattamente ciò che accade nella lente convergente, nella quale, se la sorgente luminosa è all’infinito i raggi convergono sul fuoco (sulla superficie focale nel caso del diottro), se la sorgente è sul fuoco (sulla superficie focale nel caso del diottro) i raggi luminosi sono proiettati all’infinito. 

Si dimostra facilmente che oltre alle proprietà dette, il corpo troncoconico è in grado di far convergere sulla sua superficie focale anche una quota di raggi non parassiali ed anche di quelli sghembi contenuti all’interno del suo angolo solido d’accettazione. Il corpo troncoconico si comporta infatti come una fibra ottica a condotto conico avente per “cladding” l’aria.

Quanto detto è facilmente spiegabile osservando la figura 3 che visualizza un corpo troncoconico avente una conicità rappresentata dall’angolo a. In questa figura è tracciato un raggio luminoso meridiano, inclinato rispetto all’asse ottico, che entra nel corpo troncoconico attraverso il cerchio di diametro maggiore. Il raggio, una volta entrato con angolo d’ingresso ji, procede a zigzag. Ad ogni riflessione interna sulla parete laterale l’inclinazione del raggio aumenta di un angolo 2a.

Se durante le riflessioni interne non si supera l’angolo limite, il raggio uscirà dalla superficie circolare minore con un angolo ju molto maggiore di ji. Precisamente si ottiene ju = 2an + ji in cui n rappresenta il numero di riflessioni totali interne. Se ji è invece inizialmente molto elevato, il raggio luminoso uscirà attraverso la superficie laterale conica per superamento dell’angolo limite.

Procedendo a ritroso, un raggio che entrasse dalla superficie circolare minore con angolo d’inclinazione molto alto, uscirebbe attraverso la superficie circolare maggiore con direzione parassiale.  In tal caso, vale la formula ; ju = ji - 2an dove gli indici “i” ed “u” indicano ancora la direzione d’ingresso e di uscita dei raggi.

3 Conclusioni

In conclusione, il corpo troncoconico ora descritto, applicato all’uscita di un cavo di fibre ottiche può, entro certi limiti, far convergere o divergere a piacimento i raggi uscenti.

Il suo comportamento, interpretato con le regole dell’ottica geometrica, può essere definito dai suoi parametri dimensionali e dall’indice di rifrazione del materiale costituente. Per un dato indice, il valore di convergenza o divergenza del diottro può essere stabilito assegnando le dimensioni dei diametri e della sua altezza. Utilizzando un corpo ottico convergente, l’angolo piano di apertura del fascio luminoso può passare da 66° a 12°. I diottri troncoconici accoppiati ai cavi a fibre ottiche possono estendere notevolmente le possibilità di utilizzo delle fibre ottiche nel campo delle illuminazioni artistiche e commerciali ma anche in quelle civili e persino in quelle monumentali.

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